L’arte è per me incontro tra realtà e fantasia, tra concretezza ed astrazione, tra mondo esteriore, tangibile, terreno e mondo interiore, immaginario, spirituale.
E’ espressione di noi stessi, ma anche ricerca, incontro, rispetto dell’altro.
Non c’è arte senza voglia di comunicare; non c’è arte senza che ogni volta si faccia ricerca, mettendosi in gioco, ma anche tornando sui propri passi, se necessario.
Le velature, gli orizzonti, le porte fanno parte del mio cammino, come simbolo dell’eterno divenire, il perenne andare oltre, alla ricerca di quella parte di me che va al di là della materia.
Nei miei quadri mi piace comunicare il mio mondo, un mondo dove è sì presente la realtà così come la vediamo, ma anche la realtà come la immaginiamo, con tutto il carico di sentimenti e sensazioni che porta con sé, inesprimibili a parole.
Essa, la realtà (paesaggio, drappeggio, scorcio o figura), non si dà mai a noi interamente, ed è giusto che sia così, lasciando a chi guarda la libertà di sentire col cuore e a chi si esprime di comunicare senza mettersi completamente a nudo, per una sorta di pudore.
Dicevo che questo concetto è per me tanto valido non solo per i paesaggi dove spesso le montagne, le mie montagne, presso le quali sono nata e ho vissuto parte della mia vita, la fanno da padrone, apparentemente per ostacolare lo sguardo, in realtà per dare profondità, ma ancor di più per creare uno spazio oltre il quale la nostra mente vorrebbe andare. Infatti le montagne sono là per essere valicate, oltrepassate, per saziare la nostra sete di conoscenza, per andare verso uno spazio dal quale spesso percepiamo bagliori di luce.
Questo stesso discorso è altrettanto valido per gli scorci di paese e per le loro vecchie porte consumate dal tempo, ciascuna con la sua storia e con il suo carico emozionale. Proprio per questa loro unicità esse permettono, di volta in volta, una chiave di lettura diversa. A volte introducono in un meandro di vicoli, a volte in uno spazio chiuso, a volte in uno spazio lussureggiante ma sempre nascosto, a volte lasciano intravedere il cielo o un mandorlo in fiore. La porta, comunque, rappresenta sempre un limite, un passaggio, una metamorfosi.
Anche nelle opere con la figura umana, pur nella loro apparente diversità dalle opere di paesaggio dove l’essere umano era il grande escluso, anche in queste opere, dicevo, è presente la velatura o il digradare in piani, veri o fittizi.
Una menzione a parte merita per me il drappeggio, presente in diverse opere, sia da protagonista assoluto, come metafora della vita con le sue luci e le sue ombre,
sia come elemento comprimario usato per velare ed ottenere
quell’effetto di dire e non dire che fa spesso parte
del nostro modo di comunicazione.
Raffaella Capannolo